Le domande più frequenti

Di seguito abbiamo riportato alcune delle domande più frequenti che vengono rivolte ai dentisti, con le risposte dei nostri esperti dello Studio dentistico ortodontico associato Parcianello Pastore. Per maggiori informazioni potete contattarci e fissare un appuntamento nel nostro studio, il nostro team è a vostra disposizione.

ODONTOIATRIA

MI HANNO DETTO CHE DEVO OPERARMI PER "ACCORCIARE" LA MANDIBOLA. DEVO FARLO PRIMA O DOPO LA CURA CON L'APPARECCHIO ORTODONTICO?

 

Esistono malocclusioni cos' severe che non possono essere risolte semplicemente usando uno o più apparecchi ortodontici. Questo problema si verifica quando la malocclusione è causata da anomale dimensioni della mandibola, o della mascella, o di entrambe, tali che i denti delle due arcate non possono entrare in reciproco contatto e garantire masticazione, estetica, fonazione e deglutizione normali. Lo studio clinicol, radiografico e dei modelli in gesso o virtuali, consente di approfondire la sede e l'entità delle anomalie strutturali e di pianificare il trattamento.

Nei pazienti adulti (ovvero dopo il completamento della crescita ossea) non è possibile variare la dimensione, o la posizione, delle basi ossee tra loro e rispetto al resto del cranio. In questi pazienti non si può più stimolare o produrre crescita ossea per variare le misure della ossatura. Pertanto si deve ricorrere a una terapia più complessa, che comprenda una o più fasi chirurgiche maxillofacciali e una fase ortodontica. Talvolta si inizia con una correzione chirurgica (approccio "Surgery First", espansione palatina tipo SARPE, eccetera) per poi inserire gli apparecchi e portare a termine il caso. Più frequentemente si inizia con l'apparecchio ortodontico, che prepara un adeguato allineamento dentario, per consentire al chirurgo di correggere le basi ossee accostando le arcate dentarie in modo opportuno.

La scelta della procedura spetta a ortodentista e chirurgo maxillo-facciale, che devono condividere appieno il protocollo terapeutico sin dall'inizio del percorso. la chirurgia maxillo-facciale consente soluzioni definitive e di grande valenza per la salute e la socialità del paziente, poichè migliora drasticamente la sua masticazione, ma anche trova giovamento l'aspetto estetico del volto, che diviene più armonico e aggraziato.

DICEMBRE 2017

Ho sentito parlare di “Tecniche digitali” in odontoiatria. Cosa sono? Sono affidabili?


La tecnica digitale può essere definita in termini generali come una qualsiasi tecnologia che incorpori attrezzatura digitale o controllata con il computer e non solo. L’odontoiatria digitale spazia dai moderni metodi CAD-CAM per impronte ed elaborazione dei manufatti protesici, all’uso di radiografie digitali (tomografie computerizzate o radiografie intra ed extra-orali), a strumentazioni elettroniche per impianti e chirurgia, a chirurgia laser assistita, fino alla cosiddetta computer-aided implant dentistry, ovvero la pianificazione implantologica in digitale.

Gli impieghi sono molti, perché l’affidabilità è alta, anche se molti campi dell’odontoiatria digitale sono a tutt'oggi inesplorati o in fase di studio, e rispetto a 5 anni fa, possiamo affermare che il digitale abbia rivoluzionato il mondo odontoiatrico.

L’odontoiatria protesica digitale si avvale di progettazione computerizzata dei manufatti protesici, rendendo lo studio odontoiatrico parzialmente indipendente dal laboratorio odontotecnico, che realizza i manufatti con tecniche tradizionali o anch’esso digitali. Il lavoro è più efficiente e soprattutto non impone tempi biblici, riducendo il tempo di seduta dal dentista ed il numero di appuntamenti.

Gli altissimi costi delle strumentazioni e la curva di apprendimento che si richiede allo staff odontoiatrico in termini di investimento di tempo e lavoro, sono la ragione principale per la quale i metodi digitali non sono ancora ampiamente diffusi.

Il nostro Studio da tempo ha acquisito strumentazioni sofisticate che consentono di progettare ed eseguire in proprio molte delle prestazioni radiografiche, odontoiatriche e protesiche. Inoltre da anni coopera con laboratori che si avvalgono anche di tecniche digitali.

In campo radiologico lo studio dispone di apparecchiature radiologiche digitali da oltre 10 anni e recentemente rinnovate per radiografie, ortopantomografie, teleradiografie e tac cone beam a bassa emissione di radiazioni, con enormi vantaggi per la radioprotezione del paziente e inoltre software di analisi dei dati diagnostici raccolti.

 

Aprile - giugno 2017

Dott.ssa Roberta Benedet

ESTETICA DENTALE

IN INTERNET SI TROVANO NOTIZIE DI MOLTE TECNICHE DI SBIANCAMENTO. QUAL'E' LA MIGLIORE?



Su internet vengono propagate numerose tecniche di sbiancamento dentale che variano dall'utilizzo di sostanze naturali a prodotti da usare a domicilio e a prodotti che si applicano negli studi professionali con o senza l'ausilio di luci laser.

Analizziamoli uno ad uno:

- Tecniche "naturali": in alcuni siti si parla di tecniche "fai da te" con bicarbonato di sodio, salvia, buccia di limone, ..... che vengono strofinati sui denti con un risultato un pò più bianco ma con un danno alla struttura dentale tramite un meccanismo chimico (per esempio l'acido del limone) o meccanico.

Quindi con queste tecniche viene eroso lo smalto che poi non si riforma più.

- Dentifrici, colluttori e prodotti in farmacia: questi prodotti difficilmente riescono a cambiare la tinta dei denti, possono al massimo togliere qualche pigmento legato ad abitudini alimentari e il fumo, che possono macchiare i denti (caffe, fumo, ....) oppure aiutare a mantenere nel tempo, uno sbiancamento professionale. Attenzione però all'uso prolungato di dentifricio con microgranuli che possono creare un'abrasione per effetto meccanico.

- Sbiancamento professionale: il cambiamento di colore nel dente si ottiene con l'applicazione di acqua ossigenata a diverse concentrazioni. Questa sostanza non dannegia i denti perchè non è un acido, ma una sostanza che penetra nei tubuli dello smalto e "rompe" le molecole di pigmenti che causano i denti gialli.

Si può applicare in due modi:

1) Creando delle mascherine che vengono indossate generalmente sui denti durante la notte dal paziente e portate generalmente per 15 giorni.

All'interno di queste viene applicato un gel a base di acqua ossigenata o perossido di carbamide (che poi si trasforma in acqua ossigenata).

Il vantaggio di tale tecnica è che, una volta eseguite le mascherine su misura, il paziente dopo qualche anno può ripetere il trattamento con costi inferiori. Lo sbiancamento infatti, con qualsiasi tecnica venga eseguita, ha una durata variabile, a seconda del tipo di dente e dall'alimentazione, che può andare da 2 a 5 anni.

Lo svantaggio è di dover attenersi a delle rigide privazioni alimentari per circa 15-20 giorni. Infatti durante il trattamento, l'assuzione di cibi colorati (caffè, the, liquirizia, pomodoro, spinaci, carote, ...) può compromettere il risultato. I denti risultano infatti più sensibili all'assorbimento di sostanze colorate.

2) Un'altra tecnica consiste nell'applicare questo gel sbiancante, che però ha una concentrazione maggiore di h2o2 rispetto a quella utilizzato per le mascherine, direttamente nello studio professionale. Esistono gel che si applicano sui denti e poi si risciacquano e altri gel che vengono attivati da luci led o laser. I risultati sono pressochè sovrapponibili. Probabilmente con il laser lo sbiancamento è lievemente più efficace ma scarsamente apprezzabile dall'occhio umano.

Questa tecnica ha il vantaggio di non dover sottoporsi a una dieta restrittiva per molti giorni ma solo per 48 ore.

In conclusione, la tecnica migliore è sicuramnente quella assistita da un professionista per non creare danni irreparabili ai denti.

La modalità di applicazione dello sbiancamento invece è soggettiva e dipende dalle esigenze del singolo paziente.

Un'altra precisazione da fare è la selezione dei casi su cui si può effettuare lo sbiancamento, infatti se nella bocca sono presenti restauri, tipo faccette, corone o otturazioni, il colore di questi non cambia e potrebbe rendersi necessario il rifacimento di tali restauri.

Quindi è sempre preferibile un controllo medico per evitare complicazioni future.

 

Aprile - giugno 2017

Dott.ssa Roberta Benedet

ODONTOIATRIA PEDIATRICA PEDODONZIA

CHE DIFFERENZE CI SONO NELLE CURE DI UN DENTE DA LATTE E DI UNO PERMANENTE?


Per rispondere a questa domanda è importante conoscere alcune differenze tra i due tipi di dente.

I denti da latte sono chiamati così poiché cominciano ad erompere verso i sei mesi di vita del lattante (incisivi) e completano la loro eruzione intorno ai 2 anni (canini e molari). Sono denti anche decidui poiché a 5-6 anni iniziano a “dondolare” e a muoversi a causa del riassorbimento fisiologico delle loro radici, per essere sostituiti dai denti permanenti. I primi a cadere sono gli incisivi inferiori, poi i superiori, a seguire i canini inferiori e per ultimi i canini superiori (11 anni) e i molarini superiori e inferiori intorno ai 12 anni.

I primi molari permanenti erompono invece verso i 6 anni subito dietro l’ultimo molare deciduo. Pertanto a quest’età, il bambino ha una dentizione mista. E’molto importante che i denti da latte permangano in bocca finchè non è giunto il periodo della loro sostituzione. Se infatti per una carie il dente dovesse essere estratto in anticipo, lo spazio fra i due denti vicini si ridurrebbe a causa della loro naturale migrazione e ciò determinerebbe una malposizione del dente permanente (correggibile solo con l’applicazione di un apparecchio ortodontico).

Da ciò si deduce che è fondamentale curare i denti decidui se intaccati da un processo carioso. I denti da latte, a differenza di quelli permanenti, hanno un colorito più chiaro (lattescente) dovuto ad una minore compattezza della mineralizzazione e quindi sono più suscettibili all’attacco acido della placca batterica. Inoltre, la polpa dentaria (in cui si trova il nervo) occupa uno spazio maggiore a causa del suo notevole volume rispetto a quello di smalto e dentina. Di conseguenza una carie dello smalto, se non curata, può diventare in breve tempo una carie penetrante con interessamento del nervo e determinare, a causa della sua necrosi, lo sviluppo di un ascesso dentario. In questo caso si dovrà somministrare al bambino un antibiotico per via sistemica ed in seguito si dovrà “devitalizzare” il dente.

A differenza di quello permanente la chiusura dei canali radicolari non viene eseguita con i coni in guttaperca (materiale non riassorbibile) ma con un materiale riassorbibile poiché le sue radici verranno a mano a mano “consumate”.

Per l’otturazione della carie che interessa solo smalto o dentina vengono utilizzati dei materiali che possono essere meno resistenti all’abrasione (compomeri, anziché compositi) vista la minor permanenza del dente da latte in bocca. Tuttavia, in alcuni soggetti, si può verificare, attraverso un’indagine radiografica, l’assenza di uno o più denti permanenti (AGENESIA).

In questi casi il dente deciduo andrà otturato con gli stessi materiali che si utilizzano per i denti permanenti (compositi) poiché esso dovrà tentare di mantenerlo nel cavo orale fino al completo sviluppo mascellare e mandibolare (circa 20 anni). Così quando esso cadrà potrà essere sostituito da un impianto.

 

Gennaio - Marzo 2017

Dott.ssa Meo Valentina

ESTETICA DENTALE

Perchè si scoprono i colletti? Che conseguenze posso avere?


Il fenomeno dei colletti scoperti è una fastidiosa retrazione delle gengive che si verifica sopratutto nei canini e premolari superiori e inferiori, può presentarsi anche negli altri denti, ma con minor frequenza.

Canini e premolari sono più a rischio per la loro posizione, più sporgente rispetto all'arcata dentaria.

Le cause principalmente sono tre:

- Utilizzo scorretto dello spazzolino
- Anatomia favorente come tessuto osseo e mucoso sottili o presenza di frenuli che "tirano" la gengiva
- Malattia paradontale

Lo scorretto utilizzo dello spazzolino, associato ad una anatomia osseo o mucosa sottile, sono le cause più comuni. In altre parole durante l'igiene dentale domiciliare si utilizza uno spazzolino troppo duro, si agisce con troppa forza o con movimento errato.

Questa pratica, ripetuta nel tempo, fa progressivamente ritirare la gengiva fino a scoprire il colletto del dente o, peggio, la radice. In alcuni casi può essere presente anche abrasione dello smalto dentale.

La conseguenza di questa retrazione può essere una maggiore sensibilità dentale, dovuta all'esposizione della radice che non è più protetta dalla gengiva; sensibilità al freddo, al caldo e alle sostanze acide.

Con la progressione della retrazzione gengivale, il rischio più alto è la totale esposizione della radice del dente con possibile perdita del dente stesso.

La recessione può anche essere docuta alla malattia paradontale, malattia che colpisce i tessuti di sostegno del dente che ha origine batterica associata ad una predisposizione familiare.

In questo caso i sintomi e la progressione della malattia sono diversi.

La diagnosi differenziale tra recessioni da spazzolamento e da malattia prodontale può essere effettuata solo dal dentista di fiducia.

Sarà quindi quest'ultimo a consigliare la terapia adeguata in base alle cause della patologia, alla sua gravità, alla situazione anatomica, alle condizioni locali sistemiche del paziente.

 

Ottobre - dicembre 2016

Dott.ssa Rita Salvatori

ESTETICA DENTALE

Lo sbiancamento dentale


Quando si parla di sbiancamento dentale s’intende un processo chimico che rende il colore dei denti più bianco. C’è un principio attivo, in genere il perossido d’idrogeno o il perossido di carbammide, che penetra attraverso i prismi dello smalto e scinde le molecole di pigmenti che rendono i denti più gialli, mettendone in evidenza il colore bianco. Quindi lo sbiancamento agisce all’interno del dente, modificandone il colore. Tutti gli agenti sbiancanti agiscono sui denti e non sui restauri protesici e sulle otturazioni; quindi se sono presenti tali restauri effettuati precedentemente allo sbiancamento potrebbe risultare necessario il rifacimento per adattarsi al nuovo colore ottenuto. Lo sbiancamento può essere di tipo professionale (cioè effettuato in studio sotto il controllo dell’odontoiatra e con prodotti garantiti dal punto di vista della sicurezza) oppure domiciliare con delle mascherine da applicare di giorno e/o di notte. Durante il trattamento potrà insorgere un po’ di sensibilità; per ovviare a tale disturbo si possono utilizzare dei prodotti per desensibilizzare i denti. Durante il trattamento e subito dopo, per almeno 72 ore, è consigliabile non assumere cibi e bevande colorate perché i denti sono più ricettivi nei confronti dei pigmenti e li assorbono con maggior facilità. Per esempio sostanze come caffè, the, sigarerette, sigari, tabacco, bevande colorate (coca-cola), vino, sughi e salse, verdure (carciofi, carote, spinaci, barbabietole, pomodori), frutta (ciliegie, fragole, frutti di bosco), marmellate, liquirizia, collutori, etc. Lo sbiancamento non è permanente e dopo un tempo variabile tra i due e i cinque anni i denti ritornano ad assumere il colore che avevano in precedenza. Il trattamento è comunque ripetibile. Il trattamento professionale può essere supportato anche dall’azione del laser a diodi che permette una miglior penetrazione del materiale sbiancante. Ci sono in commercio molti prodotti per lo sbiancamento dei denti, non tutti però sicuri. Per esempio ci sono alcuni dentifrici sbiancanti con microgranuli che possono togliere delle macchie dai denti ma a lungo andare rovinare lo smalto perché troppo abrasivi.

 

Settembre 2016

Dott.ssa Roberta Benedet

SERVIZI DI SEGRETERIA

Perché talvolta siete in ritardo, altre volte in anticipo?

 

La preparazione della agenda segue regole ben precise: la durata di ogni prestazione viene stabilita dal dentista, poiché ogni procedura ha una sua durata media. Su tale indicazione il computer in segreteria ricerca le disponibilità in agenda , che vengono proposte al paziente.

Tutto sembra molto semplice, ma non è così.

La durata reale di ogni procedura non è mai cronometrica; ad esempio: un appuntamento stimato di 30 minuti può durarne in realtà 20, perché non tutte le circostanze sono uguali.

Può essere necessario ripetere un passaggio, un bambino può essere poco collaborante, un adulto può avere la tosse e interrompere continuamente le procedure, può essere necessario un consulto fra dentisti in casi complessi … in questi casi i tempi si dilatano.

Viceversa, l’estrazione di un dente o una prestazione chirurgica può durare mezz’ora di meno rispetto alla stima, pertanto ci troviamo in anticipo sull’appuntamento successivo. Se capita il contrario, si accumulano minuti di ritardo, ma di certo non si può congedare il paziente a metà intervento!

Emergenze da traumi (tipo fratture, emorragie, avulsioni dentarie) o infettive (ascessi, infezioni ossee, eccetera) sono situazioni nelle quali la tempestività è determinante per risolvere o controllare la situazione e possono necessitare di precedenza assoluta. E’ chiaro che queste circostanze squilibrano una agenda, per quanto organizzata e pensata nel dettaglio.

Anche i pazienti in ritardo creano problemi di agenda. Quando il ritardo è grave non si può neppure pensare di iniziare il lavoro, per non penalizzare i pazienti arrivati puntualmente. Per capirsi: se la procedura programmata dura 60 minuti e il paziente arriva con 50 minuti di ritardo, nei rimanenti 10 minuti non possiamo fare nulla!

La verità è che i pazienti non sono motori, antine da cucina, pizze o impianti elettrici: sono esseri umani. Pertanto non è sempre facile quantificare il tempo necessario per ogni procedura e per ogni singolo paziente. Una stima ragionevole della programmazione delle procedure viene fatta in base all’esperienza della durata media delle stesse. Allungare preventivamente la durata degli appuntamenti implicherebbe un vertiginoso aumento dei costi per la struttura e quindi per i pazienti; questo non è ragionevolmente applicabile, per consentire il contenimento dei costi e una maggiore opportunità di accesso alle cure dentarie.

Luglio-Agosto 2016.

Dott. Leonardo Parcianello

 

ORTODONZIA

POSSIAMO SOSPENDERE LA TERAPIA ORTODONTICA E RIPRENDERE LA TERAPIA TRA UN ANNO?


Un’accurata scelta del piano di trattamento e dell’epoca di terapia, consente di ridurre al minimo i tempi di cura.
Nei pazienti giovanissimi esistono situazioni che consigliano di dividere la terapia in due fasi: una prima fase, ad esempio, può occuparsi dell’ampliamento dell’osso mascellare, oppure dell’accrescimento della mandibola. A dentizione adulta ultimata può essere intrapresa una seconda fase, che si occupa dell’allineamento dentario e dell’ottimizzazione dell’occlusione. Da questi esempi, si comprende che la prima fase persegue un miglioramento scheletrico, che a sua volta influenza positivamente lo sviluppo della dentatura adulta; la seconda fase, invece, sarà una rifinitura della posizione dei denti permanenti, per garantire una buona funzione masticatoria ed una piacevole estetica del sorriso. Questa programmazione prevede tra le due fasi un periodo più o meno lungo di attesa, durante il quale ci si limita ad indossare l’apparecchio di contenzione durante la notte e a osservare lo sviluppo della dentatura adulta. In altri casi l’ausilio di uno o più dispositivi ortodontici, deve essere continuativo, o in rapida successione.

La sospensione della terapia in corso, può rivelarsi un grave problema, sia negli adulti che nei bambini. La dentatura solo parzialmente riposizionata, l’arcata recentemente espansa, il molare faticosamente raddrizzato, il dente incluso trascinato in arcata, etc., sono tante situazioni terapeutiche che non possono essere interrotte in corso d’opera, pena la perdita del risultato! In questi casi non si può sospendere la cura, perché la situazione è fortemente instabile e si rischia di cominciare tutto daccapo, o quasi.

La tempistica della terapia viene decisa dal curante in base allo stato clinico, caso per caso; non è una scelta arbitraria, o di comodo. In casi di forza maggiore, come il trasferimento del paziente in un’altra città, o in Erasmus in uno stato estero, si cerca di individuare un collega che possa proseguire o ultimare la terapia in altra sede, senza battute d’arresto.

Per queste ragioni si invitano i pazienti a eseguire scrupolosamente l’igiene orale domiciliare e a portare gli apparecchi ortodontici nei modi e nei tempi spiegati dal dentista. Qualora l’igiene orale fosse insufficiente e si evidenziassero infiammazioni gengivali persistenti, la cura deve essere interrotta, con grave pregiudizio per l’andamento della terapia e perdita dei risultati già raggiunti.

Per quanto detto sopra, invitiamo i genitori ad aiutare i figli nell’uso del filo interdentale ogni sera e nello spazzolamento dei denti tre volte al giorno e a sorvegliare se portino correttamente l’apparecchio.

Sospendere la cura ortodontica in momenti delicati della terapia, può significare dover ricominciare tutto il lavoro dall’inizio.

Giugno 2016

Dott.ssa Daniela Pastore

ORTODONZIA

Si può espandere il palato?

Certamente sì, ma la tecnica dipende dall’età del paziente.
Nel corso della crescita staturale, dall’infanzia all’adolescenza, alla giovinezza, si assiste anche alla crescita cranio-facciale, per il raggiungimento della fisionomia del viso adulto. Le ossa craniche crescono per ospitare organi e strutture in crescita (cervello, seni paranasali, bulbi oculari, dentatura, etc.). Non sempre le ossa facciali si sviluppano in modo armonico. Può succedere che il palato sia così stretto da non consentire un combaciamento corretto tra i denti dell’arcata superiore e quelli dell’arcata mandibolare. Tale ristrettezza può tradursi in un morso incrociato monolaterale o, addirittura, bilaterale. La mandibola, a causa di contatti anomali con l’arcata mascellare, può deviare lateralmente o anteriormente, realizzando malocclusioni molto serie. Un palato iposviluppato può non contenere tutti i denti permanenti, che si bloccano all’interno dell’osso alveolare, oppure emergono in posizioni inidonee.
Quando si intercettano questi tipi di problematiche si deve immediatamente valutare l’espansione palatina. Questa è una procedura “ortopedica”, in quanto separa fisicamente le due ossa del palato di destra e di sinistra, creando uno spazio centrale che col tempo si ossifica. Il diametro palatino trasversale aumenta, e anche il perimetro (ossia la capienza) dell’arcata mascellare.
In infanzia e adolescenza questa espansione è fattibile con un apparecchio chiamato “Disgiuntore rapido del Palato”, che occupa la volta palatina e che si cementa ai denti dell’arcata superiore. L’attivazione viene iniziata in studio dentistico e deve procedere a domicilio del paziente con due attivazioni al giorno per 2-3 settimane. Raggiunto il risultato desiderato si blocca il disgiuntore e lo si lascia cementato in sede per almeno 6 mesi, al fine di consolidare l’espansione.
Dopo i 15 anni le due ossa del palato si saldano sempre più tenacemente, finché ossificano definitivamente. A questo punto non si può più espandere il palato, se non ricorrendo alla “Espansione Chirurgicamente Assistita”. Il Chirurgo maxillo-facciale opera il paziente, che entra in sala operatoria con il disgiuntore cementato in bocca, fratturando il palato in modo da liberarlo dai vincoli con le ossa circostanti. A questo punto, come sopra descritto, l’espansione è possibile.
Questa breve descrizione fa comprendere che quanto prima si effettua l’espansione del palato, tanto più semplice è la risoluzione della malocclusione; si evitano gli effetti a cascata di morsi alterati in fase di crescita e di dentizione e, soprattutto, si evita il ricorso all’intervento chirurgico maxillo-facciale.

Maggio 2016

Dott.ssa Daniela Pastore

ODONTOIATRIA PEDIATRICA PEDODONZIA

Perché le mamme non possono entrare in ambulatorio durante le cure?

 

Questa domanda si ripropone spesso, perciò rispondo sul sito per informazione alle famiglie. I genitori spesso entrano in ambulatorio seguendo i figli chiamati per le cure. Questo è comprensibile, ma non è richiesto. Anzi. Nel corso degli anni abbiamo compreso che i ragazzini, anche i più piccoli, collaborano meglio con i dottori se sono soli. Questo è un meccanismo quasi incomprensibile alle mamme italiane, tuttavia è così. Generalmente osserviamo che i genitori si “sostituiscono” ai loro figli, come per alleviare il loro disagio.

Chiaramente nel corso delle prime visite è necessario l’intervento dei genitori per rispondere a domande di salute generale, malattie, epoca di sviluppo della dentizione, farmaci assunti dai bambini, familiarità per malattie. In queste circostanze i piccoli non sanno rispondere e tacciono.

In seguito, però, ci intratteniamo a parlare con loro per conoscerci, per instaurare un dialogo; si parla di scuola, di sport, di hobbies, di amicizie, delle procedure cui li sottoporremo, delle attrezzature che utilizzeremo. A questo punto i genitori dovrebbero consentire la reciproca conoscenza, ma spesso continuano a rispondere in vece dei figli. Noi dobbiamo capire come reagiscono i bambini, non i genitori. I ragazzini devono cominciare a fidarsi di noi. Questo processo è impedito dalla presenza dei genitori, specie se interrompono continuamente il dialogo.

Durante le cure vere e proprie, di solito i bambini più fiduciosi allontanano volontariamente i genitori perché si sentono grandi e veri protagonisti delle loro cure; questi sono i più semplici da curare: entrano, escono, chiedono, consegnano le cartelle cliniche, si informano, interagiscono con noi. Sono fantastici e hanno spesso pochissimi anni!

Altri bambini continuano a richiedere la presenza della mamma, come per essere “salvati” da chissà quale tortura! Questi bambini spesso hanno genitori ansiosi, che hanno trasferito l’angoscia del dentista ai loro piccoli. Questi genitori non dovrebbero accompagnare in studio i figli, ma affidarli con qualche scusa a parenti o amici più sereni, perché i figli captano la sofferenza dei genitori e si preoccupano anche per loro. Con questi bambini non sempre si riesce a completare le procedure in prima battuta; spesso ci vogliono varie sedute perché si fidino totalmente di noi e si lascino curare tranquillamente. Le loro piccole conquiste vengono molto lodate e premiate con piccoli regalini, cui i bambini tengono molto.

Se serve, al termine delle cure, viene chiamato il genitore per spiegare gli obiettivi raggiunti e le terapie future.

Solo in caso di bambini con gravi disabilità psichiche o fisiche si richiede la presenza di un adulto che sia in grado di interpretare il piccolo e indicarci la situazione istante per istante, al fine di consentirci di lavorare concentrati sulla procedura.

Aprile 2016

Pastore Daniela

ODONTOIATRIA PEDIATRICA PEDODONZIA

A che età bisogna portare i bambini dal dentista per una prima visita?

 

Molte mamme ci pongono questa domanda, specialmente coloro che hanno avuto o hanno problemi dentari e desiderano evitare tanti disagi ai propri bambini.

In effetti non esiste una regola. In base alla nostra esperienza alcune considerazioni si possono fare.

Tutti i bambini dovrebbero essere visti da oculista, otorino, foniatra e dentista prima dell’accesso alla scuola primaria, ossia nel corso dell’ultimo anno di scuola materna. Molti bimbi , infatti, incontrano difficoltà di apprendimento per difetti misconosciuti dell’udito, della espressione verbale, della visione. Nella stessa fascia di età, ossia a cinque/sei anni, compaiono in bocca i primi denti permanenti, perciò un controllo dentistico può intercettare problematiche che possono essere di grave disturbo ai bambini, legate all’igiene orale , alla predisposizione famigliare, alla malposizione dentaria o al difetto strutturale delle ossa mascellari.

I bambini non hanno una buona manualità almeno fino a 10-12 anni, anche oltre, pertanto i genitori devono lavare loro i denti tutte le sere e passare loro il filo interdentale. Se nel corso dello spazzolamento i genitori intravedono macchie scure o discolorate sui dentini, anche se sono da latte, devono portare il piccolo a controllo. Abbiamo molti bimbi della scuola materna già sottoposti a cure dentarie per carie, addirittura a cure canalari per ascessi e granulomi. I dentini curati possono masticare correttamente e durare anni, fino alla normale età di permuta. I denti da latte che cadono prima dell’epoca corretta predispongono a problemi ortodontici a causa di migrazioni dentarie o eruzioni di denti permanenti in sedi errate.

A circa sei anni erompono i primi molari permanenti. Molti genitori li scambiano per denti da latte e non se ne curano. Il risultato è che spesso a 7-8 anni i bambini hanno già cariato denti fondamentali. Oggi si possono proteggere le superfici masticatorie dei molari appena affiorati con speciali coperture chiamate “sigillature”, che li mantengono sani per moltissimi anni, cioè finché i ragazzi acquisiscono una buona capacità di lavarsi i denti.

Molti bambini hanno infiammazioni gengivali. I genitori spesso le attribuiscono a allergie, raffreddori, influenze, tonsilliti. In realtà hanno una pessima igiene orale e nessuno li aiuta in casa a lavarsi. Tanto più piccoli impariamo a lavare i denti e le gengive, tanto più avremo la necessità di sentirci la bocca pulita e in ordine e tanto più sani saranno i nostri denti. Questa considerazione nasce da anni di esperienza con i bambini. In effetti, i nostri pazienti che hanno imparato a lavarsi bene i denti già da piccoli, tornano a controllo una volta l’anno e non hanno mai problemi ! Questo è un risultato meraviglioso perché hanno vissuto dalla loro giovinezza senza sapere cosa significa l’espressione “cure dentarie” e, verosimilmente, non ne avranno mai bisogno.

Quando i genitori vedono che i dentini dei loro figli nascono in ordine sbagliato, o non spuntano proprio, o cadono i decidui e non compaiono più i denti permanenti, è bene che li portino a visita. Quasi tutte le malposizioni dentarie nascono nella prima infanzia. Già da piccoli si può capire come si svilupperà la bocca e quando e come sarà il caso di curarla. Possono servire delle radiografie per comprendere la situazione; potrebbero esserci denti in meno o in più. Talvolta si ricorre a estrazioni “strategiche” per sbloccare denti permanenti trattenuti in profondità. L’importante è capire e osservare, anche per molti mesi, lo sviluppo della dentatura.

Infine un discorso particolare merita il comportamento in studio dentistico dei bambini, particolarmente se portatori di handicap. L’adulto che si deve curare se ne fa una ragione, si reca in ambulatorio e collabora attivamente (più o meno). Il bambino è un bambino; non possiamo pretendere che si comporti da adulto! Perciò andrebbe portato in studio da quando è ancora piccolo, quando sta benissimo, ossia non ha dolore da nessuna parte! Se è così, ridendo e scherzando, si fa visitare, scopre un mondo che non è poi così male, così nero come lo dipingono amici e parenti (brutta cosa è raccontare tutte le disavventure mediche di fronte ai bambini, che memorizzano tutto!). Viceversa, se il piccolo arriva in studio dolente, con febbricola, due notti che non dorme, tre giorni che non mangia … cosa ci possiamo aspettare da lui? Che collabori? Si aggrapperà al collo della mamma e da lì scenderà a fatica, specie per affidarsi a estranei nel momento del dolore. Se abituiamo il bambino all’ambiente, accompagnato dal parente o dall’amico che non ha paura del dentista e non gli trasferisce le sue ansie, lo lasciamo spiegare i suoi problemi, parlare con noi senza interromperlo, c’è la possibilità che diventi in breve molto collaborante e autosufficiente. Abbiamo dei bambini molto più bravi dei loro genitori! Questa è la verità.

Marzo 2016

Pastore Daniela

PROTESI FISSA PONTI E CORONE

Cosa significa "incapsulare" un dente?

 

“Incapsulare” un dente significa applicare ad un dente molto compromesso una corona artificiale, che funge proprio da guscio protettivo. Si consiglia l’applicazione di tale corona nel caso in cui un dente sia gravemente danneggiato nella sua struttura a causa di una grossa lesione cariosa o di una frattura. Nella maggior parte dei casi si tratta di carie o fratture che raggiungono il nervo e rendono necessaria una terapia canalare. Il dente viene poi ricostruito spesso con l’utilizzo di un perno e limato tutto intorno. Durante questa ultima seduta viene cementata una corona provvisoria in resina. Tale corona serve per mantenere correttamente gli spazi e per permettere una perfetta guarigione della gengiva. In seguito viene presa un’impronta di precisione del moncone e inviata al laboratorio odontotecnico per la realizzazione della corona definitiva. I materiali utilizzati possono essere molteplici. I più testati nel tempo sono le strutture in oro-resina e metallo-ceramica, con differenze principalmente estetiche, poiché nelle prime è visibile l’oro, nelle seconde la ceramica ricopre interamente il metallo che sta solo internamente alla corona. Ci sono poi materiali più nuovi, cosiddetti metal-free, quali il disilicato di litio e la zirconia che permettono un ottimo risultato estetico, la cui resistenza al carico masticatorio è in corso di studio, soprattutto per le riabilitazioni protesiche estese, quali ponti estesi o riabilitazioni complete di un’arcata.

Febbraio 2016

Dott.ssa Roberta Benedet

IMPLANTOLOGIA

Ho sentito parlare di carico immediato dopo inserimento di impianti. Lei lo consiglia?

 

Per poter sopportare il carico di una protesizzazione l’impianto necessita di un tempo di guarigione di circa 3-4 mesi. E’ il tempo nel quale le cellule dell’osso crescono intorno all’impianto, maturano e gli danno una prima stabilità meccanica.

Solo rari casi sono candidati a sopportare una protesi provvisoria ancorata agli impianti appena inseriti; sono quei casi in cui una particolare geometria nella disposizione implantare consente di eseguire il carico immediato della protesi, ossia dopo solo 48 ore dall’inserimento degli impianti. Tale metodica consente un buon successo e buona predicibilità solo se eseguita secondo strettissimi protocolli oramai perfettamente codificati, ma destinati a pochi selezionati casi.

Va però sottolineato che i processi di guarigione dell’osso sono uniformi in tutte le parti del corpo. Ad esempio in caso di frattura ossea, in protesi d’anca o di ginocchio, sono raccomandati tempi biologici di guarigione molto lunghi prima del carico. Il carico immediato, per quanto scientificamente accettato, rappresenta per certi aspetti un protocollo antibiologico; è eseguibile, ma non è esente da rischi o complicanze.

Gennaio 2016

Dottor Leonardo Parcianello

IMPLANTOLOGIA

Come avviene l'intervento di inserimento dell'impianto?

 

Un impianto dentale viene collocato nell’osso alveolare del paziente, purché questo sia sufficiente, oppure nell’osso chirurgicamente ricostruito. L’intervento in anestesia loco-regionale consiste nell’apertura della gengiva e nel denudamento dell’osso sottostante. Nell’osso di alloggiamento dell’impianto, chiamato sito implantare, viene praticata una perforazione nella quale verrà inserita la vite in titanio (osteotomia). Tale sito viene preparato con frese calibrate via via più grosse, a regime di giri e forza di attrito perfettamente controllati elettronicamente, sotto costante getto di soluzione fisiologica refrigerante. Con tecniche atraumatiche vengono mantenute vive le cellule dell’osso immediatamente adiacenti al foro di alloggiamento dell’impianto, così da favorire in tempi rapidi e predicibili la crescita dell’osso attorno alle viti. Segue quindi la sutura. Grazie a queste metodiche atraumatiche generalmente i sintomi post operatori sono scarsi e perfettamente controllabili, salvo rari casi, con comuni antidolorifici. Occorre però, senza false illusioni, avere un approccio diagnostico pre-chirurgico molto severo, considerando la sede, il numero degli impianti da inserire ed il tempo di intervento, fattori importanti per predire la sintomatologia ed il gonfiore post operatorio. Esistono anche tecniche “flapless” (senza sezione della gengiva e denudamento dell’osso) consigliate principalmente nei casi di osso residuo particolarmente abbondante. In tal caso la sintomatologia post operatoria è assolutamente assente.

Dicembre 2015

Dott. Leonardo Parcianello

IMPLANTOLOGIA

Cos'è un impianto e quando su usa?

 

L’impianto dentale viene considerato un sostituto della radice dentaria quando questa viene a mancare. Esso rappresenta perciò una radice artificiale in titanio; viene inserito nell’osso dove prima c’era la radice del dente perduto. Per poter inserire un impianto occorre un osso di adeguato volume e consistenza. Quando il volume dell’osso è insufficiente bisogna ricorrere a tecniche ricostruttive dell’osso. La ricerca scientifica ha codificato gli impianti per forme, dimensioni e tecniche protesiche di carico che consentono di definire l’implantologia una “disciplina predicibile”. E’ necessario che i tessuti orali destinati a ricevere gli impianti siano stati guariti da malattia parodontale e carie. Dobbiamo offrire alle radici artificiali un ambiente conveniente ad evitare le infezioni. La “perimplantite” (infezio0ne attorno all’impianto) può portare a perdita dell’osso e a fallimento della terapia. La terapia implantare, perciò, non è per tutti. E’ riservata a pazienti con ottima igiene orale, nei quali ogni forma di malattia che abbia portato alla perdita dei denti sia già stata debellata. La capacità di risposta alle infezioni delle aree con impianti sono inferiori a quelle con denti naturali. Severi criteri di scelta tra diverse soluzioni protesiche ( ponti fissi, protesi rimovibili, impianti, ecc.) saranno sempre buona norma, al fine di adattare la corretta terapia a ciascun caso clinico.

Novembre 2015

Dott. Leonardo Parcianello

PREVENZIONE

La prevenzione: il sistema più economico e meno costosto per godere di buona saluta.. e senza soffrire.

 

Le cure dentali costano molto ed è per questo che il Sistema Sanitario Nazionale non le garantisce.

E’ frequente la lamentela che le cure dentistiche costano. E’vero: costano molto al dentista e quindi al paziente. Però qualche considerazione ci sta.

I dati ISTAT del 2013 parlano chiaro: le visite annuali di prevenzione dentale e igiene professionale hanno coinvolto il 30,7% della popolazione in Nord Italia e solo il 16,1% in Meridione. Dati che devono far pensare.

Attraverso visite costanti è possibile intercettare precocemente malattie cariose e parodontali, ancor prima che diano sintomi. In tal modo si evitano cure lunghe e costose, attraverso minimi interventi.

Quando i pazienti trascurano o sottovalutano i sintomi di carie e malattie gengivali, queste vengono diagnosticate in fase avanzata. Le conseguenze sono complesse e costose; in caso di perdite dentali si deve ricorrere a protesi o impianti, con aggravio di costi, disturbi e rischi.

La visita periodica, semestrale o annuale, è la soluzione più saggia : consente di risparmiare tempo, dolori e spese.

Ottobre 2015

Dottor Leonardo Parcianello

ODONTOIATRIA
CONSERVATIVA

Esiste una predisposizione allo sviluppo della carie?

 

Certamente si.

La carie è una malattia ad eziologia batterica. Determinanti per lo sviluppo della carie sono le relazioni tra presenza batterica, tipo di tessuti del paziente e risposta immunitaria individuale secretoria (Ig. A).

Alcuni individui presentano conformazioni dentali (solchi anfrattuosi, smalto sottile al colletto, anomalie anatomiche in generale) o struttura dello smalto (anomalie di calcificazione) che predispongono alla aggressione acida dei microbi.

In taluni pazienti si accumulano popolazioni batteriche cariogene, soprattutto nei soggetti giovani.

Tali popolazioni si annidano in aree già decalcificate e arricchiscono la bocca di “siti infettanti”.

A questo punto il ruolo della risposta immunitaria secretoria (Ig. A) è determinate. Studi recenti dimostrano che tale risposta è paziente-dipendente, al di là della presenza batterica di una bocca. In questi casi si ha un fattore di rischio genetico nello sviluppo della carie dentale.

Inoltre tutte le situazioni che riducono la quantità del flusso salivare (sdr. di Siӧgren, terapie radianti di testa e collo dopo neoplasie) o la risposta immunitaria (chemioterapia, depressioni del sistema immunitario, utilizzo di stupefacenti) rappresentano gravi fattori di rischio per lo sviluppo della carie dentale.

Settembre 2015. Dott. Leonardo Parcianello

ODONTOIATRIA CONSERVATIVA

Cosa si può fare per evitare la carie?

 

La carie dentale è una malattia che, a causa di un accumulo di batteri che perdura nel tempo, porta a decalcificazione di aree dentali fino a perforazione dello smalto e colonizzazione di tessuti interni al dente. La prevenzione della carie è estremamente semplice: un’accurata igiene dentale tre volte al giorno è sufficiente a ridurre la carica batterica e quindi lo sviluppo della carie. Nel cavo orale vivono specie batteriche (streptoccocus mutans e lactobacillus acidophilus per dire i più comuni) che trasformano i residui alimentari zuccherini in acidi decalcificanti nel corso delle prime ore dopo l’ingestione dei pasti. Una misurazione professionale del pH salivare rappresenta una grossolana valutazione del tasso di specie cariogene in bocca. Quindi:

- l’assunzione quotidiana di non più di 5 pasti al giorno

- un’igiene corretta almeno 3 volte al giorno, subito dopo i tre pasti principali

- un controllo semestrale dal dentista, mirato soprattutto ad una valutazione dell’efficacia dello spazzolamento quotidiano

- l’assunzione di fluoro attraverso dentifrici e colluttori

rappresentano una soluzione efficace e intelligente.

Agosto 2015. Dott. Leonardo Parcianello

ODONTOIATRIA
CONSERVATIVA

Ho delle macchie bianche sui denti. Sono denti deboli? Manca calcio? Si possono cancellare?

 

Le macchie bianche sui denti sono zone di ipomineralizzazione dello smalto. Possono essere di varia natura e, a seconda di questo, avere un significato puramente estetico o necessitare di cure odontoiatriche. Se si riscontrano nel dente al momento della permuta, quindi quando spuntano i denti permanenti nei bambini, sono lesioni congenite. Anch’esse possono essere di diverso tipo:

-la sindrome più frequente è la MIH (Molar and Incisor Hypomineralization) e colpisce normalmente i primi molari e gli otto incisivi. Durante la formazione dello smalto possono accadere diversi fenomeni (tra cui le ipotesi più accreditate sono infezioni del tratto respiratorio, problemi in fase perinatale, uso di amoxicillina) che alterano la struttura dello smalto, determinando zone di ipomineralizzazione.

-L’amelogenesi imperfetta, malattia ereditaria che colpisce lo smalto di tutti i denti; In tale situazione l’aspetto dello smalto può variare da bianco a bianco-marrone nelle forme più gravi.

-La fluorosi, che consiste in un assunzione eccessiva di fluoro nell’infanzia

-I traumi nei decidui, che, se intrusi, possono colpire il germe del permanente causando macchie bianche o alterazione di forma dei denti.

Un altro genere di macchia bianca è la white spot, che è il primissimo sintomo clinico del processo carioso, di aspetto bianco gessoso.

Nella maggior parte dei casi queste si presentano nella zona del colletto del dente, la parte più vicina alla gengiva, dove può ristagnare della placca in presenza di scarsa igiene orale.

Si possono riscontrare anche dopo un trattamento ortodontico fisso se il paziente non ha seguito un’igiene orale corretta durante la cura, proprio per l’accumulo di placca.

In conclusione a seconda della diagnosi ci sono differenti cure, pertanto, non appena ci si accorge della presenza di macchie bianche sui denti, è opportuno recarsi dal dentista per una visita, al fine di trovare, se necessaria, la corretta terapia.

LUGLIO 2015
Dott.ssa Roberta Benedet

gravidanza

Sono in gravidanza. Che problemi posso avere alla bocca? Come devo comportarmi?

 

In gravidanza si verifica un elevato aumento di ormoni estrogeni che favoriscono la crescita di alcuni batteri responsabili dell’infiammazione gengivale con arrossamento, gonfiore e sanguinamento delle gengive stesse. La cosiddetta “gengivite gravidica” può presentarsi già nel primo trimestre; è molto importante quindi curare la propria igiene orale, spazzolando regolarmente i denti, nonostante siano molto sensibili, per evitare un accumulo di placca e un conseguente aumento dell’infiammazione gengivale.

Nel secondo trimestre è consigliabile sottoporsi ad una visita di controllo dal dentista di fiducia e ad una seduta di igiene professionale. Eventuali carie possono essere curate tranquillamente: il medico cercherà di sottoporre la gestante a sedute più brevi, posticipando le cure meno urgenti dopo la gravidanza.

Inoltre, se viene rilevata un’infezione a carico di un dente, è possibile assumere solo alcuni farmaci antibiotici prescritti dall’odontoiatra in accordo col ginecologo. E’ molto importante non sottoporsi a radiografie.

GIUGNO 2015
Dott.ssa Valentina Meo

CHIRURGIA E DENTI DEL GIUDIZIO

A che età dovrò estrarre i denti del giudizio?


Quando è necessario. Non sta scritto da nessuna parte che i denti del giudizio (o della saggezza) debbano necessariamente essere estratti. Se creano problemi, se procurano dolore, infezioni, rischio di carie sul dente vicino, infiammazioni gengivali (situazioni note come disodontiasi degli ottavi denti), va bene, ci sono buoni motivi per l’estrazione. Si valuta il caso in base ai sintomi e alle indagini strumentali. Ci sono denti del giudizio che erompono tranquillamente, masticano magnificamente e durano in bocca tantissimi anni: perché estrarli? Altri denti della saggezza iniziano a disturbare prima ancora di essere erotti, perché mal posizionati, bloccati nell’osso, prossimi al nervo mandibolare. In conclusione la diagnosi si fa, radiografie alla mano, caso per caso. Non c’è una regola.

APRILE 2015

PEDODONZIA E CURE CANALARI

La mia bambina ha un tremendo mal di denti ed esce pus da una gengiva. Mi hanno detto che deve fare una cura canalare per devitalizzare il dente, poi l’otturazione. Ma come è possibile, è un dente da latte, non ha radice?

Molti genitori credono che i denti da latte non abbiano le radici, forse perché quando cadono vedono solo la corona, in quanto la radice si è riassorbita. In realtà i dentini da latte sono denti a tutti gli effetti, con corone e radici anche multiple, nervo sensitivo all’interno, come denti permanenti in miniatura. Come i permanenti provocano dolore, febbricola, irrequietezza, disagio, se la carie è penetrante. Tuttavia la biologia dei denti decidui è molto più complessa di quella dei denti permanenti: essi si formano in una prima fase, poi masticano per un altro periodo, poi auto-distruggono la loro radice per cadere e lasciare il posto ai denti successivi. Perciò le loro cure sono particolari e complesse, poiché devono tener conto delle varie fasi di vita dei denti. Anche la cura canalare si può fare, purché con materiali adatti a una radice che in futuro si riassorbirà. Questa procedura consente di eliminare l’infezione, di salvare il dente da latte e lasciarlo masticare tutto il tempo necessario al formarsi e all’approssimarsi del successivo dente permanente. Il bambino potrà usarlo ancora per molti anni e, soprattutto, con la persistenza del dentino deciduo si manterrà il posto per il futuro dente permanente senza bisogno di apparecchi mantenitori di spazio.

APRILE 2015

PEDODONZIA

Perchè devo far curare i dentini da latte del mio bambino, se tra alcuni anni li perderà?

 

Molti genitori pensano che i denti decidui ( " da latte" ) non debbano essere curati perchè appunto destinati alla naturale esfoliazione e alla sostituzione da parte di denti permanenti. In realtà è molto importante intercettare e prevenire eventuali processi cariosi a casico dei denti decidui.

In primo luogo le patologie cariose dei denti da latte, avendo una struttura più fragile ed aggredibile rispetto ai permanenti, possono essere facilmente causa di dolori, infezioni e ascessi.

Inoltre, la perdita precoce di un dentino può essere causa di problemi di spazio o di allineamento per il dente permanente che lo dovrà sostituire, rendendo spesso necessaria una cura ortodontica per ritrovare lo spazio perduto. A questo proposito i denti decidui più importanti sono i molarini da latte. Questi ultimi infatti, dovrebbero rimanere al loro posto almeno fino ai 9-11 anni al fine di mantenere lo spazio ai premolari permanenti che dovrebbero erompere proprio a questa età.

Dott.ssa Rita Salvatori

APRILE 2015

Ortodonzia e Scelta degli apparecchi

Mio figlio deve mettere l’apparecchio mobile; io temo che non lo porterà. Possiamo chiedere di mettergli un apparecchio fisso?

 

Esistono vari tipi di apparecchi, sia rimovibili che fissi. La prescrizione degli uni o degli altri non dipende dalla comodità d’uso, o dalle preferenze del bambino, o dai desideri dei genitori. La scelta del tipo di apparecchio dipende unicamente dalla diagnosi: ogni problema ortodontico si affronta con una cura ben precisa. Gli apparecchi ortodontici mobili o fissi non sono intercambiabili, poiché sono progettati con uno scopo ben preciso. Ogni apparecchio ha una sua filosofia, una sua tecnologia, una sua base scientifica e quindi una sua funzione, che è diversa da quella di altri apparecchi.

MARZO 2015

Pedodonzia e permuta dentaria

I dentini da latte di mio figlio iniziano a dondolare. Cosa dovrò fare quando cadranno? E’ vero che stringendo le gengive, i permanenti nasceranno dritti?

 

Se un dentino da latte, o deciduo, inizia a dondolare, significa che la sua radice si sta accorciando. I denti decidui hanno una sorta di cronometro interno: quando è ora, la radice inizia a riassorbirsi, a consumarsi, così il dentino perde stabilità, dondola e poi cade, lasciando il posto al corrispondente dente permanente, per la gioia della formichina, o della fatina di turno. Non c’è molto da fare in questa fase, se non usare la logica: se il dentino da latte dondola, bisogna tenere la bocca ben lavata per evitare infiammazioni; aiutare il dentino a cadere prima possibile, così il disagio del bambino si riduce e l’igiene in quella sede migliora velocemente; non stritolare le gengive dei malcapitati ragazzini come facevano le nostre nonne, ma limitarsi a premere una garza sulla parte, in caso di sanguinamento. I denti, purtroppo, non si possono raddrizzare stringendo con forza le gengive!

MARZO 2015

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